Antonio Sgobba: “Siamo tutti ignoranti, ma non c’è niente di male”

Antonio Sgobba digitalife film

Nell’era dell’informazione digitale, velocissima e bombardante, viviamo in una dimensione paradossale: da un lato abbiamo strumenti potentissimi per accedere alle informazioni in maniera illimitata, dall’altro sembra ci siano talmente tante cose da sapere che è impossibile stare dietro a tutto.

In realtà non si tratta di una percezione: è proprio così, e lo è sempre stato. Ma non c’è niente di male nell’essere ignoranti, ce lo dice il giornalista Antonio Sgobba, autore di “? – Il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google” (2017), l’importante è esserne consapevoli. Anzi, è più che importante, importantissimo!

Nel libro, pubblicato il 25 maggio ed edito da Il Saggiatore, ci spiega il perché, ma non solo. Approfondiamo con lui:

A cosa pensi se ti dico “vita digitale”?

Alla nostra vita quotidiana. Ai miei amici, che sento su facebook. Alle mie ricerche, che partono quasi sempre da archivi online. Al mio lavoro, che per una parte consistente si svolge attraverso uno  smartphone, un e-reader, o un computer.

Che ruolo ha il digitale nella tua vita di tutti i giorni?


Parlare di “vita digitale” come qualcosa di distinto dalla cosiddetta “vita reale” ormai non ha senso. Non è un campo separato da tutto il resto. Ogni aspetto della nostra vita quotidiana è anche digitale. Relazioni sociali, interessi politici, shopping. Tutte le nostre preferenze passano attraverso strumenti che fino a qualche anno fa non esistevano.

Socrate faceva domande, Google promette risposte. Quando hai scritto “? – il paradosso dell’ignoranza da Socrate a Google” che obiettivo avevi in mente?

È molto diffusa nel dibattito pubblico l’idea che sapere tutto sia un bene. Soggetti come Google promettono l’onniscenza e vendono l’onniscienza come un ideale a cui ambire. Movimenti politici fanno della trasparenza una bandiera. Idee che spesso vengono date quasi per scontate, non ci rendiamo conto che si tratta di ideologie totalitarie.

Il mio obiettivo è invece mostrare come l’ignoranza abbia un ruolo fondamentale e ineludibile: siamo tutti ignoranti e la prima cosa che ignoriamo siamo proprio noi stessi. È un dato con cui dobbiamo fare i conti, senza abbatterci.

Non si poteva non partire da Socrate e dalla sua ignoranza consapevole. Socrate rispondeva all’oracolo che ingiungeva: “Conosci te stesso”. Google è diventato il nostro oracolo, ma vuole evitarci la fatica dell’indagine che porta alla conoscenza di sé. Se Google sa già tutto di noi, la fatica di esaminare la propria vita come faceva Socrate può sembrarci inutile.

L’obiettivo del libro è rimettere in discussione tutti i termini di questo dibattito.

Internet ci dà un accesso illimitato alle informazioni, ma è anche facile trovare contenuti falsi. Abbiamo la sensazione di essere liberi quando ricerchiamo qualcosa, ma i risultati di ricerca vengono selezionati tramite calcoli e algoritmi. Cosa pensi di questo dualismo?


I contenuti falsi non nascono con internet. Oggi parliamo di fake news, ma la storia è piena di falsità diffuse a scopo propagandistico. Il rischio che corriamo oggi è quello di non riconoscere la propaganda quando ce l’abbiamo davanti.

Tendiamo a credere ciò che vogliamo credere, e anche qui vogliamo risparmiarci una fatica: quella di confrontarci con la realtà. Ed è proprio il contatto con la realtà che si rischia di perdere se si rimane rinchiusi nella bolla costruita da social network e motori di ricerca.

La novità rispetto alle falsità del passato è questa: non è mai stato così difficile uscire dalla prigione delle proprie credenze.

Secondo te c’è bisogno di maggiore consapevolezza sul mondo di internet e sul suo funzionamento?


Sì. L’Italia è un paese di anziani e indubbiamente anche su questo fronte ha molto da recuperare. Spesso quando si parla di ignoranza, vengono additati i giovani come colpevoli. Una categoria facile da usare come capro espiatorio. Ma se si parla di internet, a essere ignoranti sono soprattutto i più maturi.

Il dato drammatico è che sono anche le generazioni che ricoprono tutti i ruoli di responsabilità: dall’università, all’informazione, alla politica. Sono al potere, ma capiscono poco del mondo che dovrebbero governare.

Cosa consiglieresti all’utente medio quando vuole informarsi tramite internet?


Di dubitare, ma con moderazione. Prima di credere a una notizia è sempre bene verificare la fonte. Non è vero che l’informazione online è meno affidabile di quella cartacea. Anzi, spesso il panorama italiano mostra il contrario. In ogni caso è bene valutare sempre l’origine di una notizia.

Ma con il dubbio non bisogna esagerare, non possiamo portarlo fino a uno scenario estremo in cui non crediamo più a niente. Perché a quel punto vale tutto. A un certo punto dobbiamo fermarci e fidarci.   

La difficoltà sta nel capire di chi possiamo fidarci.

Il digitale ha certamente cambiato la nostra vita, e continua a farlo. In meglio o in peggio secondo te?

Dal punto di vista delle relazioni sociali, non lo so. Spesso mi chiedo: se negli ultimi dieci anni non ci fosse stato facebook, come sarebbero cambiate le mie amicizie? Ne avrei avute di più o di meno? Sarebbero stati rapporti più profondi o più superficiali? Chissà.

Dal punto di vista economico invece i cambiamenti sono stati drammatici. Vediamo com’è cambiato il lavoro: le nuove tecnologie hanno portato a un drastico calo negli occupati. Le big companies di internet tendono a instaurare regimi di monopolio. Ci hanno semplificato la vita, ma siamo tutti più poveri.

Non so come se ne esce.  

2017-07-14T10:48:04+00:00